“Cercasi Maestro per il coro di Mezzanotte”

di Salvatore D’Ascenzo

Avrei potuto accontentarmi di quel bel tepore del focolare arso dal camino di casa, avvolto da una coperta di lana o cashmere, sorseggiando del vin brûlé accompagnato dai marron glacé e ascoltando “Ma quante belle figlie madamadorè”. Invece ho deciso che tutto quel lusso non faceva per me. Così, mi sono incamminato nel mezzo di vie articolate piene di articoli e tutta quella gente che, si accalcava, non potendosi accalcare. Qualcuno avrebbe detto che, tutte quelle luci erano fuori luogo per illuminare questo periodo prenatalizio, che più di una tradizione sembra diventato un vizio. 

E avrebbe detto giusto.

-Mi congratulo. 
-Grazie. 
-Ma lo sai che a volte, guardandomi allo specchio, mi dico… 
-Cosa? 
-Quest’anno devo dedicarmi un po’ a me. 
-Giusto. 
-Sei sempre di grande incoraggiamento. Asserisci quando c’è da asserire e tossisci quando c’è da tossire. 
-Meglio non tossire di questi tempi. 
-Hai ragione. Come sempre.

Stanno facendo il grande albero di Natale in piazza Cristoforo Vespucci, cosicché decido di donare anch’io la mia curiosità e nient’altro, affinché riescano nell’impresa.  Sfioro un mendicante fuori ad un bar che mi offre un mazzo di allori; non me li sta offrendo, vuole che li paghi.  Glieli pago e lui sorride. Non parla bene la mia lingua, ma mi è grato. Più che grato mi sembra triste. 

-Lo è, ma con quel piccolo gesto lo hai fatto felice. Diciamoci la verità: ma chi se li compra gli allori a Natale? Forse a Capodanno. 
-Per le lenticchie dici? 
-Per le lenticchie. Per le lenticchie. 
-Saggio che non sei altro! 

Ma vada in malora l’albero in piazza Amerigo Colombo. Cioè, non in malora, ma che aspetti un poco la mia curiosità: c’è il mendicante da rendere ancora più felice! Così che dò le spalle alla piazza di sfavilli e regalo il mio frontespizio al mendicante di allori. 

-Allora, sì che ti ho reso felice? – chiedo, forse con troppa presunzione. 

-Grato sì, ma felice mi pare eccessivo. 

-Allorché… parli la mia lingua! – Tanto vale smettere di scandire ogni singola lettera con il mendicante. 

-E cosa posso fare per renderti ancor più grato, sì da renderti felice?

-C’è da rendermi grato tante volte quante ritiene opportuno. 

Provo a non pensare di aver commesso un errore a parlare con il mendicante della mia terra: vuoi che egli abbia le tasche in riserva e l’aver trovato in me un benefattore lo porti ad approfittarsene? 

-Guardi che non voglio soldi da lei. 

Santi fusilli! Vuoi che il mendicante mi legga nel pensiero? 

-Sta pensando che leggo nel pensiero, ma non è così. Ho imparato a conoscere le persone stando di qua della barriera. Io sto nello scuro e voi nella luce. Io vi vedo, ma voi non vedete me. 

Quanta saggistica in quest’uomo. Ed io che lo avevo sottovalutato! 

I negozi possono aspettare la mia presenza: di regali da fare non ne ho molti e forse nessuno, ma qualcosa per me ho promesso di comprare. Ma questa conversazione la posso fare solo a Natale. 

-Siamo sempre e solo io e te. 
-Vero anche. Asserisci quando io asserisco e… 
-Basta così. 

E che si guarda tutta questa gente che passa? Cercano visibilità e la trovano in me? Ma non avete altro da fare voialtri, che guardate me parlare con il mendicante della mia terra? 

-E allora: che hai gli allori l’ho capito, ma non posso comprarli tutti per renderti felice. Ho solo un Capodanno da fare io, e sto pure solo. 

-Non voglio il suo denaro signore. 

-E allora che desideri per essere grato sì da essere felice? 

-Venga con me. 

E io che volevo stare a casa davanti al caminetto, mi ritrovo a seguire l’aspirante senzatetto. Strano come egli schivi i tappeti rossi all’infuori dei negozi. 

-Per rispetto, signore. 

Santi fusilli! Ma mi prende in giro costui, che legge nel pensiero e nega l’evidenza? 

-Nossignore. 

-Meglio così. 

Eccoci attraccare alla piazza delle Tre Caravelle. Ormeggiamo in un angolo, dove la mia curiosità possa essere d’aiuto alla vestizione dell’alberone. Confermo al mendicante che la mia persona ha trovato agio in quel piccolo riparo, in cui io possa dare il mio apporto ai lavoranti. 

-Dimmi mendicante di allori, come puoi essermi grato dinanzi al grande albero in allestimento? Che sia cosa facile che, per metà del mio tempo, ho da mettere a disposizione la mia curiosità. 

-Guardi. 

-Cosa?

-L’albero. 

-Lo vedo, mendicante. È un bell’albero, non c’è che dire. 

-Guardi attentamente. In silenzio però. 

Io ci provo a guardare attentamente, ma le signore con le sciarpe fino al naso continuano a darmi noia, perché sto con il mendicante. 

-Lasci perdere le signore. 

Santi fusilli! 

Non ho tempo per rimproverare le signore, perché ho da donare la mia curiosità e render grato il mendicante della mia terra. Io ci provo a guardare attentamente l’albero in piazza Scoperta delle Americhe, ma non ci vedo niente. Se non che queste palle mi sembrano di una grandezza spropositata. Sembra ci siano delle persone dentro queste palle.  Al che, faccio un passo avanti che sembro un avvoltoio, tanto il collo mi si piega per osservare meglio. 

Santi fusilli!

Dentro le palle ci sono delle persone in carne e cartilagine. Ma sono imprigionate e chiedono aiuto. E come faccio ad aiutarle, se sono impegnato in troppe faccende?

-Non le deve aiutare. 

-E perché? 

-Perché hanno voluto loro essere imprigionate nelle palle dell’albero.

-Ma che significa? E perché nessuno ci fa caso, al punto che le signore con le sciarpe fino al naso guardano me, invece di tanta stranezza? 

-La smetta di pensare alle signore e guardi la palla in basso con quell’uomo che sembra un re. 

-Quello con la corona? 

-Sì. Quell’uomo è stato punito con la prigionia, perché odia la gente che si bacia e si abbraccia. 

Ma cosa ti vuoi essere un re allora? Solo perché porti la corona? Il mio amico mendicante ha ragione. Quel tizio ha la punizione che si merita.  Ma di palle sull’albero ce ne sono tante e, in ognuna, una persona al suo interno desidera di essere liberata. Ma io non ho tempo di liberarla perché sono impegnato. 

-Dimmi mendicante, ogni persona imprigionata nella colorata sfera è stata punita? 

-Sì. Guardi: – indica con il dito che io seguo (ma non troppo per non sembrare stolto) – nel secondo anello ci sono i politici, che approfittano di situazioni sgradevoli per collezionare voti, nel terzo anello ci sono quelli che credono ai politici del secondo anello; nel quarto anello ci sono gli egoisti e nel quinto gli indifferenti. 

E come spingono per uscire dalla palla gli indifferenti, spingono così tanto da far oscillare l’albero, sì da farlo rovinare. 

-Perdonami mendicante di allori, ma io come posso renderti tante volte grato, sì da renderti felice? 

-Non nota che manca qualcosa al grande albero? 

-Direi il puntale, ma mi sembra troppo ovvio per una situazione surreale come questa. 

-Sì, manca il puntale. 

-E io che ci posso fare se a quest’albero manca il puntale? Non vedo come questo possa aiutarti ad essere felice mendicante. 

-Se non vede l’utilità del puntale non può essermi d’aiuto. 

-Tu vaneggi mendicante ed io mi sono stufato; ora vai via, che ho da donare la mia curiosità alla realizzazione del grande albero. 

Ma a vaneggiare ero solo io, che mi sono ritrovato all’interno di una palla del grande albero. Le signore con le sciarpe fino al naso, che hanno da guardare: che non hanno mai visto un uomo all’interno di una palla di Natale? 

-E come ci siamo finiti qui dentro, che non possiamo uscire e gli allori a Capodanno non possiamo usare? 

All’angolo della piazza Stati uniti d’Amerigo, un mendicante, con gli allori in mano, indica con il dito ad un uomo spazientito, che il sesto anello è riservato ai curiosi.

***

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