“La lavatrice”

di Josy Monaco

Sostava con fare incerto osservando una fila di elettrodomestici. Giorgia, il cui cognome non è utile conoscere, cercava una lavatrice. Doveva fare il bucato, indossare abiti puliti e far bella figura perché, in un paese di pochi abitanti come quello in cui viveva da sempre, ossia Fralia, nessun dettaglio o abitudine passavano inosservati e in poco tempo tutti sapevano tutto di tutti. Considerando che doveva indossare ben due abiti al giorno tra il lavoro di addetta alle vendite presso un negozio di dolciumi e quello di folletto addetto al volantinaggio, tre pomeriggi a settimana, presso il mercatino delle pulci, era indispensabile avere una nuova lavatrice. Cosa ne sarebbe stato della sua reputazione? Se qualcuno avesse scoperto il colletto della camicia o i polsini sporchi, tutti avrebbero cominciato a dire che non teneva alla sua igiene, che magari emanava cattivo odore e chissà quant’altro.

Per chi gira il mondo, per chi vive in grandi città, queste possono sembrare preoccupazioni irrilevanti, ma non per chi è rimasto a vivere a Fralia come Giorgia, che aveva messo una pietra sopra alle sue ambizioni e che si era abituata a essere indicata come quella che non si era mai mossa da quel piccolo paese. Aveva ormai imparato a farsi scivolare addosso gli sguardi dei suoi coetanei che erano riusciti a spiccare il volo e a fare grandi cose; in fondo, doveva sopportare quegli sguardi solo una volta all’anno, ossia in occasione della festa di Fralia, che prevedeva sagre, spettacoli e molto altro.

La lavatrice si ruppe in concomitanza della festa di Fralia, che sarebbe iniziata dopo pochi giorni e, durante la quale, il mercatino delle pulci sarebbe stato affollatissimo e anche il negozio di dolciumi. Giorgia doveva quindi essere perfetta perché la perfezione era tutto ciò che le era rimasto.

Frullatori, impastatrici, lavastoviglie, c’era davvero l’imbarazzo della scelta di fronte a così tanti elettrodomestici. Tanta era la curiosità di Giorgia, che aveva quasi dimenticato di essere lì per acquistare una nuova lavatrice, ma presto tornò a studiare la lunga fila di lavatrici di colore, peso e misura.

Quando un ologramma che simulava i movimenti di un oblò catturò la sua attenzione, nulla fu più lo stesso: non sapeva spiegare il perché, il come, ma, in quei continui movimenti, ci vedeva delle bocche! Le riconobbe quasi tutte: ecco il sorriso sporgente di Clara, che aveva collezionato tante promozioni e una brillante carriera, i denti perfetti di Raimondo, Presidente di una importante società, e ancora le piene risate che evidenziavano le labbra carnose di Letizia, diva dei social network e del cinema.

Quelle bocche alimentarono a dismisura il suo desiderio di avere una lavatrice nuova, bella, funzionante, moderna, all’avanguardia, che la mettesse in qualche modo allo stesso livello di chiunque altro, soprattutto di Clara, Raimondo e Letizia.

Passò avanti, ma in un altro oblò vide altre bocche. Erano quelle di ricordi assopiti, che riaffioravano alla sua mente con grande sorpresa: erano quelle dei suoi ultimi anni tra i banchi di scuola. Ecco girare in senso orario il sorriso di chi tesseva le sue lodi, di chi l’aveva premiata per il suo impegno, ma un altro sorriso, falso e irregolare, subentrò nel giro dell’oblò a ricordarle chi era stata, da dove veniva e ciò che l’aveva resa quel che era. Allora guardò il prezzo delle lavatrici: troppo alto per le sua tasche e anche per il suo magro salvadanaio.

Fermò il suo girò tra gli oblò con le bocche che continuavano a salutarla in tutta la loro fierezza e attraversò in tutta fretta la porta di uscita. Fare ritorno a casa, passare sotto le finestre di tutti e sentire l’odore di bucato non era proprio nelle sue corde. A furia di pensare e pensare, rimuginare e rimuginare, inciampò finendo con lo sguardo sulla punta di una scarpa bucata. Alzò gli occhi. Era Raimondo. Lo osservò per diversi minuti. Proprio lui, tanto ricco e apprezzato da tutti, andava in giro con una scarpa bucata, ma pensò fosse una coincidenza, che magari anche lui era inciampato, che forse la scarpa gli si era rotta qualche istante prima e gli sorrise con riverenza e rispetto come sempre aveva fatto, ma quella scarpa bucata la riportò indietro nel tempo, a quando, un pomeriggio, in biblioteca, le caddero di mano dei libri e lui non fece nulla per aiutarla.

Continuò a proseguire, andando verso la strada di casa. Giunta al semaforo, fu inebriata da un profumo dolce e chiaramente costoso che fu impossibile non pensare a quella volta in cui, durante un pomeriggio al parco, finì in un cumulo di fango e rifiuti per evitare che a cadere fosse qualcun altro, qualcuno che profumava di buono, qualcuno che mai la ringraziò, ma rise di lei. Poteva non voltarsi? Doveva! Soprattutto per confermare l’ironia della sorte che posizionò accanto a lei quegli occhi verdi che avrebbe riconosciuto tra mille: erano quelli di Clara.

Il semaforo tardava a cambiare colore. Clara l’avrebbe riconosciuta e Giorgia non voleva farsi vedere. Non in quel giorno in cui aveva compreso di non avere la possibilità di poter acquistare una lavatrice nuova. Vide una pozzanghera di fango e desiderò che Clara potesse inciamparvi.

Quando scattò il verde, raggiunse la parte opposta della strada velocemente, svoltando il prima possibile l’angolo che l’avrebbe riportata a casa. Una volta chiusa la porta, mogia mogia, mordendosi le labbra, provò a fare dei conti, ma quel poco che percepiva da entrambi i lavori che svolgeva non bastava a coprire il prezzo di una lavatrice, nemmeno quella più economica. Così, aprì la finestra per potersi affacciare e godere del tramonto, ma la pioggia che cadeva a fiotti la bagnò. Si liberò allora di ciò che indossava e fece ciò che le sembrava più ovvio: fare il bucato a mano.

Si stancò e anche parecchio e si raggomitolò sul divano, riflettendo sul perché, dopo tanti sforzi, non riusciva nemmeno a potersi permettere una lavatrice. Tanto pensò e rimuginò che si addormentò.

Fu un mattino soleggiato a svegliarla. Il cielo sereno era esattamente quello che le serviva, dentro e fuori. Aprì la finestra per godere delle prime ore del nuovo giorno appena iniziato, ma, di fronte a lei, in formato gigante, c’era la locandina del film candidato all’Oscar che vedeva protagonista un’eroica Letizia con lo sguardo fiero.

Dallo sgomento, quasi tirò le tende, che nei suoi ricordi tornarono a essere quelle di un sipario che la vedeva protagonista su un palcoscenico e non per il suo talento da artista, bensì perché era inciampata nella corda di una scenografia posta lì da Letizia. Qualcuno per riparare le aveva dato il copione errato, dove a essere sottolineate erano parole poco gentili verso il regista dello spettacolo, che la fece fuori, sordo a ogni sua giustificazione di spiegare che non aveva alcuna colpa.

Giorgia provò a calmarsi elencando le cose di cui poteva essere grata, metodo che aveva spesso funzionato, ma un grosso furgone con l’insegna di una lavanderia le apparve quasi come un miraggio. Aveva trovato la soluzione.

Senza pensarci troppo, raggruppò tutto ciò che c’era da lavare in un sacco e lo portò alla lavanderia. Giunta a destinazione, trovò subito uno spazio libero e attivò in poco tempo la lavatrice. Aveva un’abbondante mezz’ora prima dell’apertura del negozio di dolciumi, ma solo in quel momento si rese conto che nell’oblò aveva inserito anche gli abiti da lavoro. Provò a spegnere la lavatrice, ma non ci riuscì. Cercò qualcuno a cui chiedere aiuto, ma non c’era nessuno e allora provò a cercare delle istruzioni. Proprio in quel momento, passò di lì Valeria Giustini, una delle persone più pettegole di Fralia che, vedendola in difficoltà, si propose di aiutarla, risolvendo il problema. Giorgia tirò fuori dall’oblò gli abiti da lavoro che per fortuna non erano bagnati ma solo sgualciti e non poco.

Giunta al negozio di dolciumi con qualche minuto di ritardo, iniziò la sua giornata lavorativa con il solito entusiasmo, quando vide nuovamente Valeria Giustini, che in mano aveva grossi pacchi e scatoloni per l’organizzazione della festa di Friala. Era in compagnia di Lara de Vecchi, la seconda pettegola più nota del paese, che entrò nel negozio chiedendo una scorta di dolciumi; poco dopo, entrambe le pettegole andarono via guardandola furtivamente, quasi come a voler essere certe che non scoprisse qualche segreto di cui stavano parlando.

La giornata lavorativa giunse presto al termine, ma Giorgia quasi dimenticò di aver lasciato il bucato in lavanderia, dove c’erano anche gli abiti che avrebbe dovuto indossare al mercatino. Corse con quanto fiato aveva per raggiungere al più presto la lavanderia, ma fu tutto inutile perché, pur essendo pronto il bucato, gli abiti da folletto era bagnati, ma decise di indossarli lo stesso. L’ironia della sorte volle che, proprio in quel momento, passasse di lì Clara, che le fece presente che, essendo una lavanderia, sicuramente c’era un’asciugatrice. In effetti, se è vero che la fretta rende ciechi, Giorgia non fece caso all’asciugatrice e si rese conto che Clara aveva ragione, ma era guasta e quindi indossò gli abiti bagnati.

Dopo aver raggiunto il mercatino, Giorgia iniziò a distribuire i soliti volantini, ma notò che era appena passata di lì Lara de Vecchi a braccetto con Clara. Di nuovo notò degli sguardi strani, come se stessero parlando di lei. Mentre osservava la scena, convincendosi che nulla la riguardasse, il telefono vibrò. Era un messaggio in cui le veniva comunicato che nei prossimi giorni non sarebbe stato necessario il suo aiuto presso il negozio di dolciumi. Non fu aggiunta altra spiegazione. A Giorgia fu tutto chiaro: era stata licenziata perché era andata a lavorare con gli abiti sgualciti e qualcuno doveva averlo fatto notare al suo datore di lavoro.

Con gli occhi carichi di lacrime, continuò a distribuire i volantini, che inevitabilmente si inzupparono. Quando una lacrima le cadde sul dorso della mano, capì che presto avrebbe perso anche l’unico lavoro che le era rimasto se fosse stata vista con gli abiti bagnati da qualcuno del paese. Improvvisamente, tutto le fu chiaro: erano state Valeria Giustini e Lara de Vecchi a segnalarla, decidendolo forse quando avevano iniziato a guardarla in modo strano. Tutto per degli abiti trasandati.

Come se non bastasse, un forte alito di vento che pian piano si trasformò in una tromba d’aria prese a far girare ogni cosa, inclusi i volantini che cominciarono a ruotare accompagnati dalle foglie. I fantasmi del passato si unirono ai volantini e alle foglie, circondando i pensieri di Giorgia insieme agli incubi del presente, che la spinsero a fuggire via prima di ricevere l’ennesima bastonata della giornata. In ogni angolo dove vedeva il bucato steso ad asciugare, tirava ogni cosa, lenzuola, abiti, coperte, fino a raggiungere casa sua per rifugiarsi.

Alla festa di Fiarla mancava sempre meno e non avrebbe sopportato l’ennesimo confronto con i suoi coetanei, soprattutto quando sarebbe arrivata anche Letizia. Per questo, decise che era il momento di cambiare, di far vedere di che pasta era fatta. Così, una volta asciugate le lacrime e indossato abiti asciutti, iniziò a scrivere una serie di bigliettini indirizzati ai protagonisti dei pettegolezzi che da sempre Valeria Giustini e Lara de Vecchi alimentavano nel paese, aggiunse poi altri bigliettini sui quali scrisse che nessuno l’aveva licenziata, ma lo aveva fatto di proposito perché meritava di meglio e, non contenta, ne scrisse ancora altri con l’obiettivo di rovinare la buona reputazione che Clara, Raimondo e Letizia si erano costruiti. Impegnò tutto il tempo che precedeva la festa di Fiarla ad appiccicare i bigliettini sul bucato dei diretti interessati dei pettegolezzi e la restante parte un po’ ovunque, nella speranza che chiunque potesse leggerli. Giorgia realizzò che, forse, dopo tanto tempo, per la prima volta, si sarebbe divertita anche lei alla festa di Fiarla, senza reprimere le sue emozioni, senza esternare falsi sorrisi.

La festa di Fiarla ebbe inizio e ben presto giunse la sera. Tra bancarelle, piccoli palchi e mille luci, puntuali come ogni anno, arrivarono Raimondo, Clara e Letizia, circondati dalla quasi totalità degli abitanti del paese che desideravano scattare un selfie con lei e, naturalmente, c’erano anche Valeria Giustini e Lara de Vecchi ad arruffianarsela, scambiandosi i loro soliti sguardi complici. Giorgia raggiunse il gruppo e, nel vedere la folla che circondava Letizia, provò disgusto per l’egocentrismo di quest’ultima, cominciando a provare un brivido di soddisfazione pensando a cosa sarebbe accaduto di lì a poco, a ogni verità che sarebbe venuta a galla, incluse le bugie che aveva scritto sui bigliettini.

Quando i suoi storici coetanei la videro arrivare, aprirono il cerchio di folla: al centro, c’era una scatola gigante con un enorme fiocco. Letizia la invitò a venire avanti, facendole presente che quello era un regalo per lei da parte di tutti i presenti. Giorgia restò impietrita. Non aveva parole. Si avvicinò timorosa pensando che all’interno ci fossero tutti i bigliettini che aveva sparso in giro. Con le mani tremanti, tirò il fiocco e aprì il pacco: conteneva una lavatrice nuova di zecca e una borsa di studio per specializzarsi nella disciplina che più desiderava.

Giorgia realizzò di aver interpretato gli sguardi di Valeria Giustini e Lara de Vecchi nel modo sbagliato. Forse avevano la lingua lunga, ma ciò non voleva dire che non fossero mosse da buone intenzioni, lo erano eccome perché avevano generato un passaparola delle sue difficoltà, del suo bisogno di avere una lavatrice e, grazie a loro, ogni abitante del paese aveva dato il suo contributo per poterla aiutare, mentre Raimondo, Clara e Letizia avevano finanziato la borsa di studio. Scoppiò a piangere, ma non erano lacrime di gioia. Erano lacrime di delusione verso sé stessa perché era riuscita a far sì che le sue ombre più nascoste avessero la meglio su di lei.

Nessuno mai lesse i bigliettini perché quelli che aveva messo in lavanderia si erano inzuppati e quelli sul bucato, insieme a tutti gli altri, erano stati spazzati via dal vento, che portò via con sé anche le ombre che si erano depositate nei pensieri di Giorgia, facendo spazio a una nuova ritrovata consapevolezza: imparare a convivere con i propri limiti e le proprie debolezze per potersi amare di più e ricominciare, ogni qualvolta è necessario.

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Disclaimer: questa è un’opera di fantasia. Il riferimento a fatti, persone, nomi e luoghi è puramente casuale.

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