“Dialogo con l’ombra”

di Silvia Oppezzo

“Basta! Levati di torno! Smettila di pedinarmi! È da quando sono uscita di casa che mi stai attaccata addosso: quando cammino e quando corro, quando mi siedo e quando sto in piedi, per strada e al bar. Peggio di uno stalker! Chi sei? Che vuoi da me?”

Risatina sprezzante.

“Amica o nemica, guardia del corpo, stalker, guida fidata, dama di compagnia, nume tutelare… chiamami come vuoi. Comunque, non posso andarmene. Sono la tua ombra. Il mio compito è proprio questo: stare appiccicata a te, seguirti sempre e dappertutto, dal sorgere del sole al suo tramonto, da quando nasci a quando muori.”

“Ma perché lo fai?”

“Per ricordarti che hai un corpo e un’anima, cioè per ricordarti che sei viva. Semplicemente per questo.”

“Che cosa ridicola! Pensi che, senza di te, mi dimenticherei che esisto? Pensi che mi dimenticherei di respirare, di muovermi, di svegliarmi al mattino… insomma, di vivere? Povera illusa! E, sentiamo un po’: che cosa vuoi da me, che cosa ti aspetti in cambio per questo tuo indispensabile servizio?”

“Rilassati! Non verrò a riscuotere il conto per questo, né tantomeno gli interessi. Non pretenderò alcuna ricompensa. Né in denaro né in natura. Non ti chiedo nulla in cambio. Nemmeno un grazie. È il mio compito, lo faccio gratis.”

“Ah, dovrei pure ringraziarti?! Tu sei pazza! Non ti ho mai né richiesta né desiderata! Comunque, sappi che non sei tenuta a farlo. Ti dispenso subito dal compito. Sei libera di andartene quando vuoi; anzi, prima te ne vai, meglio è! Ci sono tanti bei posti nel mondo da visitare, tante persone sicuramente più disposte di me ad accettarti… va’ da loro!”

“Accidenti, che arroganza! Che delirio di onnipotenza! Non dipende mica da te tutto ciò che succede nel mondo! Non hai tutto questo potere, né di scegliermi né di cacciarmi. Non hai mai chiesto di avere un’ombra? Beh, che importa? L’ha deciso Dio, o il Caso, la Natura, la Vita, il Destino, chiamalo come vuoi, la sostanza non cambia. È così, e io sono stata assegnata a te, come tua ombra, che ti piaccia o no! Non posso andarmene altrove!”

“Ma io non ti voglio! Sei fastidiosa, sei sgradita!”

“Che hai, manie di persecuzione? Non crederai di essere l’unica in questa situazione? Tutti gli uomini hanno un’ombra. Anzi, tutti gli esseri viventi, tutte le creature, animate o inanimate, esistenti sulla Terra. E comunque io non sono mica da disprezzare, sai? Pensa: non è forse all’ombra di un albero che cerchi refrigerio nei torridi pomeriggi d’estate? E non è per avere ombra, che si piantano in spiaggia gli ombrelloni?”

“Va bene, lo ammetto: certe ombre possono essere utili. E gradevoli. Ma tu? Tu, che mi stai cucita ai piedi, a che mi giovi? Che utilità hai nella mia vita? Potrei tranquillamente fare a meno di te e non mi cambierebbe nulla!”

“Accidenti, quanta diffidenza! Mi stai dichiarando guerra. Ma non è me che devi temere. Devi temere piuttosto le ombre dell’anima. Quelle sì che possono essere pericolose!”

“Che stai dicendo?! Come fa l’anima ad avere l’ombra? È invisibile, impalpabile, incorporea, per definizione…”

“Che vuoi? Una risposta scientifica? Devo sciorinarti le leggi della fisica? Qualche teorema matematico? Vuoi aprire una dissertazione filosofica? Ebbene, non ti darò niente di tutto ciò.”

“Quindi, non hai risposte. Vedi, sei solo una sbruffona: parli, parli, ma sono discorsi senza sostanza.”

“Dato che insisti, ti darò qualche indizio. Sappi soltanto questo. Segreti inconfessabili, quelli che non confideresti nemmeno alla tua immagine allo specchio. Rimpianti, rimorsi, errori, pentimenti, fallimenti che ti rodono dentro, che ti danno il tormento. Le tue debolezze, i tuoi difetti, che vorresti cancellare, cambiare, estirpare da te. Tutti i pensieri più turpi e più cupi, i sentimenti più torbidi, i peggiori propositi, per cui provi vergogna. Insomma, i lati più oscuri di te, quelli che tieni nascosti, quelli che non oseresti svelare nemmeno al tuo migliore amico! E infine, tutte la serie di paure: di sbagliare, di deludere le aspettative, di non essere capaci, di non essere all’altezza, di fallire. Paura di perdere tutto, che ti crolli o vada in fumo tutto ciò che hai costruito, tutte le tue certezze. Paura di rimanere da sola, dimenticata da tutti, abbandonata. Paura del vuoto, insomma. Ti basta come elenco o devo continuare? Ecco, queste sono le ombre dell’anima.”

“Tutto qui?! Ah, se è per questo, allora sono salva! Io non ne ho di ombre! Non ho lati oscuri! Nessun rimpianto, nessun rimorso. Niente da nascondere, niente di cui pentirmi o vergognarmi. E non ho paura di nulla. Sono perfettamente felice e soddisfatta della mia vita. Sono una donna realizzata, ho una casa confortevole ed elegante, un ricco stipendio, una vita mondana e sociale molto attiva, una brillante carriera. Posso viaggiare, togliermi tutti gli sfizi che voglio. Sono popolare, i miei amici, i miei colleghi mi ammirano… basta guardare quanti like ogni giorno ho sui miei profili social per rendertene conto.”

“Ecco il tipico atteggiamento della persona arrogante: mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, negare il problema per evitare di affrontarlo. Millantando una sfrontata sicurezza. Davvero ti basta questo, qualche spicciolo e una manciata di like per essere felice?”

“Il mio stipendio e i like che ricevo sono assai più della manciata che tu dici. Puoi verificarlo di persona. O stai cercando di sminuire perché sei invidiosa di me?”

“No, grazie. Non ho intenzione di sbirciare il tuo conto in banca, non è questo il punto. Davvero ti bastano queste cose – denaro, popolarità, successo – per essere felice? Dubito… Guarda che basta un niente a far crollare tutto questo e tu ti troverai con un pugno di mosche. Sola e frustrata!”

“Smettila di importunarmi! Io sono felice! Felice! Che ti piaccia o no!”

“Sai che ti dico? Dovresti stare un po’ meno sotto i riflettori e un po’ più a contatto con le tue ombre. Troppa luce, sai, fa male, dà alla testa, se non è la luce giusta. Stare un po’ in ombra ogni tanto fa bene, aiuta a recuperare un po’ di sana autenticità.”

“Che significa?”

“Che sei su un palcoscenico, sei entrata in un’arena, stai indossando una maschera, stai recitando il ruolo. Il ruolo della donna brillante, in carriera, realizzata. La luce, quella artificiale o artificiosa dei riflettori, illumina e mette in risalto di te solo i lati che vuoi mostrare, ma ne tiene altri in ombra, quelli che vuoi nascondere. Ti sei costruita un bel ruolo, intrigante, ma recitarlo a volte stanca, limita, opprime: non trovi? Bisogna sforzarsi, fingere, forzare: che fatica! Rimanere per un po’ in ombra, riprendere contatti con le tue ombre ti sarà d’aiuto: lì potrai tornare ad essere te stessa.”

“Ma che dici?! Mi stai dando della falsa, della bugiarda?! Come ti permetti?!”

“Ti conosco nel profondo, più di quanto tu creda. Ci sono lati di te lasciati in ombra in un angolo, messi a tacere da troppo tempo, che spingono, premono, pressano per uscire fuori. Ma bada che, a non accettare le proprie ombre, è peggio. Non puoi metterle a tacere per sempre. Queste prima o poi emergeranno, si faranno strada, si faranno spazio, poco alla volta, impercettibilmente, subdolamente, fino ad inghiottire tutta la tua vita. E allora non avrai più scampo, sarà davvero difficile uscirne.”

“Accidenti, come sei catastrofica! Ma cosa sei: un’ombra o l’uccello del malaugurio? Vuoi portarmi sfortuna? Che ne sai tu di me, della mia vita, della mia felicità, per venire a giudicarmi? Sentiamo un po’, saputella: quali sarebbero le mie ombre?”

“Ah, non sta a me risponderti. Anzi, mi rifiuto proprio: prima mi respingi e poi che ti aspetti? La ricetta, il libretto delle istruzioni? Non ce l’ho. Sei tu che devi fare questo lavoro. Solo quando avrai imparato a conoscere, a riconoscere le tue ombre, potrai davvero affrontarle. Solo così potrai tenerle a bada, addomesticarle in un certo senso, ridurle di dimensioni, riportarle ad essere ciò che effettivamente sono: semplici, innocue ombre. Che fanno parte di te come ciascuno ha le sue.”

“Va bene, mi hai convinto. Proverò. Ma come devo fare?”

“Devi cercare dentro di te, scavare nella profondità della tua anima. Con sincerità, lucidità, disincanto, spietatezza se necessario. Rifugiati in un cono d’ombra, se occorre. Può essere un rifugio protettivo, dove potrai permetterti di essere te stessa senza forzature o finzioni, senza il timore dei giudizi altrui o del tuo stesso giudizio. Senza dover per forza mostrare o dimostrare qualcosa a te stessa e agli altri. Rifugiati lì se necessario, ma – bada – solo per un po’. Perché, alla lunga, anche quello può diventare una soluzione di comodo, una zona comfort. Ma poi bisogna tornare alla luce.”

“Bene. E poi?”

“Impara a distinguere la luce vera dalle luci false, artificiali o artificiose. La luce vera, come quella del sole, la si riconosce facilmente: dà l’energia di vivere, sperimentare, godere della bellezza delle piccole cose. È la luce di una gioia contagiosa, che non schiaccia gli altri ma li rende gioiosi anch’essi. È quella che illumina e valorizza tutto, non solo alcune parti. Sì, anche le piccole cose, anche i difetti. Anche le ombre.”

“Mica facile! Posso chiedere aiuto, vero?”

“Certamente! In alcuni momenti ti sarà indispensabile. Quando non trovi risposte in te stessa, ascolta i tuoi amici, affidati alle persone di cui ti fidi.”

“D’accordo. Solo una cosa ancora non mi torna. Risolvimi quest’ultima perplessità. Ombre pericolose, dannose, rovinose… ombre, a quanto dici, difficili da tenere a bada. Allora, perché le abbiamo? A che serve? Non potremmo farne a meno fin dal principio? Perché non nascere come creature senz’ombra? Perché non essere solo creature di luce, nella luce? Sarebbe tutto più facile, non trovi?”

“Indubbiamente, ma anche più banale, meno interessante. Perché avere ombre nell’anima, mi chiedi. Perché è proprio quel miscuglio di luci ed ombre, di bene e di male, pregi e difetti che ci rende autentici, irripetibili, unici e speciali. Perché l’ombra spezza la superbia, il delirio di onnipotenza e riporta con i piedi per terra, restituisce in po’ di sana umiltà. Perché solo facendo i conti con le proprie ombre si può essere indulgenti verso le ombre altrui. E perché sono proprio le ombre che fanno emergere e mettono in risalto la luce che è in noi. Senza l’ombra, non saremmo in grado di conoscere e di apprezzare la luce. Senza l’ombra non potremmo brillare, non potremmo essere luce!”

***

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Dialogo con l’ombra – Silvia Oppezzo – (Concorso Letterario #Ombra) – Lettera32 il Blog
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