Natale di neve

di Alice Rugiero

Io la neve in montagna l’avevo vista solo un paio di volte. L’ultima da ragazzina, sul ghiacciaio, d’estate, in marcia forzata con un gruppo vacanze. Ecco a voi il ghiacciaio, alla vostra destra la neve, guardate, bravi e ora ripartiamo, dai in marcia, su che si va!
Un’esperienza fugace e faticosa, che ricordo senza particolare emozione.

Ma la neve in montagna d’inverno, quella mai. In 43 anni di vita, non era mai successo.

Poi quella sera al telefono: “Ti porto in montagna. Per Natale, in un posto bello. Ci vieni?”.

Certo che ci sarei venuta.

Era sera, e, man mano che l’auto, saliva c’era sempre più bianco a luccicare ai lati della strada, sugli alberi, sui tetti delle case.

Io con il naso spiaccicato sul finestrino, il sorriso ebete, tu che guidavi e mi dicevi stupito: “Sei davvero una bimba, certe volte.” E sorridevi.
La neve di notte brilla e sembra fatta di cristallo, ma di mattina, col sole che ci batte sopra, quando arrivi in cima al monte e lasci l’auto e ti inerpichi a piedi, è un’altra cosa: riempie tutto, avvolge e abbraccia.
Nessuno, intorno, forse erano tutti a casa a scartare i regali. Intorno a noi il silenzio e il bianco: bianco brillante, bianco freddo, bianco friabile e zuccheroso.
“Cosa fai? Piangi? Non ti piace il mio regalo di Natale?” e mi stringevi, e a me veniva da ridere in mezzo alle lacrime. Non mi ero mai sentita così, era troppo per me.

Mi avevi regalato la neve.

“Nessuno ha mai fatto questo per me, sai?” Tu sorridevi e non capivi.

La tua famiglia andava spesso a passare il Natale in quella minuscola casa sperduta: vi piaceva lasciare la città con le sue luci e le musiche ossessive nei supermercati e scappare lì tutti insieme, conoscevi a memoria i paesaggi e il paesino, che ti sembrava ogni anno più piccolo.

A casa mia il Natale era una faccenda sbrigativa, si metteva la tovaglia rossa sulla tavola e a fine pranzo c’erano le noci e potevo mangiarne anche tre o quattro.
Ogni anno speravo che nevicasse almeno un po’, mi svegliavo la mattina del 25 dicembre e correvo alla finestra, finché mia madre mi disse di smetterla: “Non nevica mai qui. E comunque, non pensare, non è mica chissà cosa. All’inizio è tutto bello bianco, poi diventa grigio e si scioglie e fa schifo. Giorni di fango, per un giorno di neve!”.
Era strano raccontartelo mentre fuori i fiocchi turbinavano, bianchissimi.

Tu mi accarezzavi i capelli e mi dicevi che ti sembrava un po’ crudele parlare così ad una bimba, che avremmo creato ricordi nuovi e che io meritavo davvero un Natale “tutto bello bianco, credimi!”.

E fu davvero un Natale bellissimo, scintillante come la neve che la mattina dopo avevo assaggiato con la punta della lingua. Avevamo passeggiato, costruito pupazzi e lanciato palle di neve come nel trailer di una commedia sentimentale, non ci eravamo fatti mancare neanche la cioccolata con panna nell’unico bar in fondo alla strada.

Mi sentivo la testa leggera, mi guardavo intorno, pensando di aver finalmente capito cosa voleva dire davvero “sentire” il Natale, la gioia di stare insieme, il desiderio di augurare pace, amore e serenità a chiunque incontrassi.

Poi era arrivato il momento di fare le valigie, risalire in macchina, ripartire; non nevicava più, ai bordi delle strade mucchi grigiastri e piccole pozzanghere fangose, via via più grandi, man mano che si scendeva a valle. Mi tornò in mente quel vecchio discorso, cercai di scacciarlo alzando il volume dell’autoradio.

Il primo dell’anno mi accolse con il tuo messaggio: era stato bellissimo, meraviglioso, stupendo, ma non poteva andare avanti. Il nostro giorno di neve era già finito.

“Natale di neve” – Alice Rugiero (Concorso Lampo di Natale) – Lettera32 Il Blog
Natale di neve

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