“Sussurri”

di Amabel

“Il tempo è la misura della nostra anima” dalla raccolta: ”sonosoloparole”.

Ti scrivo.
Sono tutti vicino a te?
Lo sai benissimo di chi parlo.
Ho tanta nostalgia del tuo coraggio, della tua forza, della tua allegria.
Ricordo le parole che mi dicevi quando ti facevo arrabbiare:
“Mi cercherai e non mi troverai!”
Amavi progettare, fischiettavi mentre creavi.
I tuoi lavori sono ancora lì, dove li hai sistemati.
Intatti. Il tempo non li ha rovinati.
Tutto è rimasto come allora. Immobile.
Purtroppo, sei andato via così presto e non hai potuto veder nulla.
Mi rende orgogliosa pensare che dopo di te abbiamo fatto squadra.
Siamo rimasti uniti, vicini come tu volevi.
Avevi capito molto di me e ti ringrazio.
Se ti può consolare, ti dico che il tempo passato l’ho vissuto cercando di mantenere, a volte con
enormi sacrifici, quello che mi hai donato.
Ti ringrazio per avermi fatto diventare, senza tante parole ma con i fatti, una persona onesta.
Il lavoro mi ha dato molte soddisfazioni. Merito tuo.
Dentro quell’ambiente mi sentivo protetta, forse anche da te.
Tutto parlava delle tue mani sapienti e tenaci, del tuo essere padre e maestro di vita.
Subito dopo la tua scomparsa è scattato in me, il desiderio di continuare quello che tu mi hai
insegnato.
Era il tempo del coraggio. Non avevo paura.
Volevo essere come te e forse, qualche volta, ci sono anche riuscita.
Come ti dicevo eravamo una squadra e tu, sempre presente.
Adesso ho paura. Ti sento lontano.
Il tempo che passa ingigantisce questo mio stato d’animo.
Un’infinita tristezza e il terrore di andare avanti.
Giorni fa ti ho sognato.
Mi sei apparso come ti avevo lasciato. Sereno.
Anche in quel momento sei stato un grande!
Non hai mai dato segno di sconforto.
Ti sei spento con leggerezza.
Avevi lavorato tanto e ti sentivi realizzato.
Eri pronto ad abbandonarci e sapevi che ce l’avremmo fatta anche senza di te.
Sei andato via il giorno della festa.
C’eravamo tutti.
Forse tu desideravi così. Volevi salutarci per l’ultima volta, insieme.
Spesso mi chiedo se hai sentito il mio pianto, le mie grida.
Mi dispiace! Era la prima volta che vedevo in faccia la morte.
Purtroppo, l’ho dovuta incontrare di nuovo e ho gridato e pianto.
Piangere aiuta a liberarmi dal senso di abbandono e da una profonda sofferenza dell’anima.
A volte ti cerco disperatamente, come adesso.
Ti scrivo.
Immagino te da qualche parte, lassù.
Mi sorridi e con il maglione rosso a V che ti avevo regalato e ti faceva apparire la persona affabile,
generosa e solare come veramente eri, mi guardi.
Sorridendo mi dici :
“ Sto bene insieme agli altri!”
Dolcemente mi accarezzi.
Sussurri:
“Non piangere!”

***

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