di Silvia Oppezzo
Ecco, è il momento giusto per nascere.
A rigore di logica, sembrerebbe di no: Maria e Giuseppe sono in viaggio, lontani centinaia di chilometri da casa. È notte; da ore stanno girando in città alla disperata ricerca di un posto in cui sistemarsi. Sono stanchi, lei ha le doglie… ma non c’è posto per loro, da nessuna parte: le locande e gli ostelli sono tutti pieni, neanche un angolo è rimasto libero per accamparsi. Nelle case le porte sono ormai chiuse, nessuno si fa prendere dalla compassione, nessuno è disposto ad ospitarli. Eppure è il momento giusto: ho fiducia in Giuseppe, sa accudire con amorevolezza e determinazione; ho fiducia in Maria, anche nella povertà assoluta non mi farà mancare la sua tenerezza e le sue cure. Ho fiducia soprattutto in Dio, il mio padre del Cielo, il mio padre vero: ha voluto che io venissi qui, non mancherà di proteggermi.
E dunque sì, ho deciso: nascerò ora. È notte, ma è la notte giusta, fa un po’ freddo, ma ci sono le stelle a rischiarare il buio.
Continuano a camminare, lei in groppa all’asino, Giuseppe a piedi. Vedono una stalla di pastori disabitata: ci sono dentro un asino e un bue che dormicchiano, c’è della paglia pulita nella mangiatoia… Decidono di fermarsi. È il posto giusto! Nascerò ora. Non ho mai voluto nascere nel lusso, nelle comodità più molli, in palazzi dorati. Questo mi basta: una mangiatoia come culla, un bue e un asinello a scaldarmi, ma, soprattutto, i miei genitori terreni. Ecco, questa è la prima cosa che, come Dio fatto uomo, sono curioso di sperimentare: il contatto caldo e rassicurante, la tenerezza dell’abbraccio di un padre e di una madre!
Ci sono nei dintorni dei pastori accampati all’aperto sotto il cielo stellato, vegliano le proprie greggi, accendono qualche falò per scaldarsi. Non appena vengono a sapere la notizia, accorrono a vedere. Immagino la loro fatica di lasciare le loro postazioni, la preoccupazione di lasciare incustodite le pecore, immagino il dubbio “sarà vero? Ne varrà la pena?” Vinto infine dalla curiosità. Portano con sé doni: pane e latte, formaggi e frutti, coperte, vestitini. Immagino il sacrificio di privarsene e la generosità dei loro cuori.
Ecco, è questo il modo e il tempo migliore per nascere, per iniziare la mia vita terrena: nel silenzio della notte, lontano dal trambusto e dalla popolarità, quasi di nascosto, in mezzo a persone semplici ma di buon cuore. Incomincio da qui: dalla semplicità, dell’umiltà, dall’essenzialità, perché qui c’è tutto, tutto ciò che rende felici, e vorrei che gli uomini lo capissero!
E non vedo l’ora di nascere, di sperimentare questa vita terrena, da uomo, di provare come loro il caldo e il freddo, la fatica del lavoro e del cammino, le lacrime e i sorrisi, la gioia e la tristezza, la serenità e la preoccupazione, l’amicizia e il tradimento, il dare e il ricevere, il rifiutarsi e il prendersi cura uno dell’altro, le relazioni. Non vedo l’ora di farmi segnare la pelle e il cuore dalle esperienze, dalle emozioni.
Sento gli adulti, i pastori che parlano, domandano, commentano… con i miei genitori. Loro rispondono sorridenti, grati, cordiali. Parlano di me, di ciò che hanno sentito dire dagli angeli e dai profeti, dalle voci popolari. Sono stupiti. I miei genitori ascoltano, meritano, conservano e custodiscono nel cuore. Sì, hanno ragione: ho tanto da dare, da donare agli uomini. Voglio donare la mia luce, voglio donare la certezza di una gioia piena, voglio donare l’amore infinito di Dio per loro, la pace con la vita. A tutti! Sono venuto per questo, per essere dono. Non vedo l’ora di incominciare. Vorrei solo che si fidassero e che aprissero il loro cuore a questo dono.
Gesù bambino