L’aiutante

di Roberta Braghelli

Il vento del nord urlava tra gli infissi della casa che aveva conosciuto tempi di maggior bellezza.

“Scrocchio caro, vieni dalla tua padrona, non abbiamo più l’età per non riposarci un pò dopo il pranzo”.

La signora si distese sulla poltrona che iniziò a cigolare sotto il suo peso. A dire il vero avrebbe cigolato anche senza che nessuno si sedesse, sembrava che si divertisse a farlo. Era un vecchio cimelio appartenuto prima a suo nonno e poi a suo padre. Scrocchio si acciambellò ai piedi della padrona trasmettendole all’istante calore e morbidezza. Pur essendo un gatto non più giovane aveva mantenuto nel tempo un pelo lucido e nero, come la notte da cui era spuntato tempo fa.

Si avvicinava a passi veloci il giorno della consegna delle calze; la sua padrona, che non era “una” qualsiasi, avvertiva il peso dei secoli sulle spalle. Già, secoli e non anni,
perché la signora aveva ricevuto, insieme all’incarico, anche il dono di invecchiare molto, ma molto lentamente. Scrocchio era diventato il fedele compagno in questi
anni di convivenza, ma non sarebbe sopravvissuto a lei. Lui invecchiava, come tutti quelli della sua specie. Ne era consapevole così come aveva compreso che la sua
padrona aveva urgente bisogno di una brava aiutante per riposarsi e per prendersi cura di sé stessa.

Di uomini aiutanti non se ne parlava, quelli li reclutava Babbo Natale. Si erano divisi le sfere di competenza una fredda sera di primavera. C’era scappato un mezzo litigio
tra i due per definire ruoli e mansioni, nessuno doveva essere più importante dell’altro: il mondo aveva bisogno di entrambi. Erano intervenuti i rispettivi Sindacati. Venne deciso che, per agevolare il lavoro, a lei spettavano aiutanti donne, a lui aiutanti uomini. Entrambi potevano sceglierli tra le persone con cui venivano in contatto e potevano consentire, ai più fidati, e alle più fidate, di conoscere i luoghi segreti in cui si ricevevano le lettere e si preparavano i regali. Tuttavia lei, fiera e cocciuta come poche, aveva rifiutato l’idea di possibili aiuti fino ad allora. Nessuna poteva permettersi il lusso di invadere il suo regno.

Quest’anno però era diverso, Scrocchio decise che era giunto il tempo di cambiare abitudini. Aveva un piano per quella notte, ma ora poteva solo fingere che fosse un
giorno come gli altri e che lui fosse un gatto come tutti gli altri…

Finalmente la padrona era andata a dormire. Era distrutta. Tutto il pomeriggio era stata affaccendata a controllare che le calze fossero ben imbottite di dolci, cioccolatini
e pacchetti con all’interno piccoli regali. Il suo motto era: “la qualità, non la quantità!”, ma poi si contraddiceva nel momento in cui si urtava se le “sue” calze non erano capienti a sufficienza per riempirle ancor più del necessario. Ogni calza era stata accuratamente chiusa con un bel fiocco ricavato intrecciando due nastri di colore
rosso e azzurro con maniaca precisione. Chi mai sarebbe stata all’altezza di aiutare la sua padrona e, un giorno, il più tardi possibile, prenderne il suo posto?

Eppure doveva esistere ed essere trovata l’aiutante perfetta per Befy, così amava chiamarla Scrocchio tra sé e sé. Il gatto si diresse nello scantinato e armeggiò con le
pozioni magiche. Una, in particolar modo, era utile per questa faccenda.

Il gatto versò il liquido in un pentolino, recitò la formula magica che gli aveva insegnato il suo Maestro all’Accademia dei Gatti Stregoni, si strappò un baffo, urlando di dolore, e infine starnutì. Una nuvola di vapore biancastro si alzò dal pentolino, si diresse verso la finestra, oltrepassò i vetri e scomparve. Ora non restava che attenderne l’effetto. La prescelta avrebbe “sentito la chiamata” e si sarebbe diretta in quella casa. Occorreva preparare Befy a quanto stava per accadere, doveva accettare gli effetti della pozione.

Ci avrebbe pensato lui, Babbo. Sarebbe venuto il giorno dopo a trovarla.

Babbo, sfoderando la migliore diplomazia, spiegò a Befy che una aiutante sarebbe arrivata da lei. Era stata compiuta una magia da Scrocchio. Babbo terminò il discorso
proponendo una vacanza: Parigi, innevata e luminosa, era la meta ideale per il giusto riposo di entrambi. Befy si arrese finalmente all’amore di Scrocchio e di Babbo.
L’indomani bussò alla porta di Befy una donna sulla quarantina, dallo sguardo solare e attento. Spiegò di abitare non lontano da lì e di aver avuto un “richiamo speciale”,
che l’aveva fatta giungere in quel posto. Si chiamava Flora, viveva sola e si arrangiava con lavoretti saltuari. Flora capi, dopo aver parlato con Befy, che aveva davanti una
situazione anomala, ma ne era affascinata.

Accettò di diventare l’aiutante ufficiale della Befana. Il sei gennaio sarà Flora a consegnare le calze… non ci credete? Verificate voi stessi!

“L’aiutante” – Roberta Braghelli (Mini Concorso Letterario – La Befana: tra Storie e Leggende) – Lettera32 Il Blog
L’aiutante

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