“La fiaba di Natale”

di Stefano Borile

“Ciao, buongiorno, hai già scritto la favola? … Guarda che l’aspetto, mi raccomando, lo sai che ci tengo a leggerla…”.

Le frasi si susseguono colme di sorrisi e strette calorose di mano.

“Oramai non sarebbe più Natale senza le tue favolette da leggere sotto l’albero”.

Altre frasi gridate a distanza da persone che corrono frettolose in queste gelide giornate. Cammino a testa bassa, con il vento che mi percuote il volto e il pensiero rimane lì, fermo come un ghiacciolo. Già, la favola. Tutti l’attendono, come fosse una cosa scontata, ma quest’anno purtroppo non riesco ad avere buone idee. Mi concentro, ma senza risultati.

Passeggio in mezzo a tanta gente, lungo le casette del mercatino Natalizio, per cercare ispirazioni. Nell’aria si dissolvono luci, musiche e profumi, tipicamente invernali. C’è fermento dappertutto, ma dentro di me c’è tristezza. Forse perché nelle mie favole, ritrovavo quel silenzio e quella giusta atmosfera magica che, di anno in anno, ci riprende in questo periodo.

Quest’anno sarò una delusione per tante persone che aspettano. E’ proprio vero che aspettare è un brutto verbo, anche per un novello scrittore. D’altronde la fantasia non è programmabile. Un’altra ventata gelida mi rapisce da questi pensieri, mi riperdo a guardare i lavoretti artistici esposti con cura e attenzione. Le palline di vetro decorate sono quelle che osservo sempre con grande attenzione. Non nego che molte favole sono partite proprio dalla visione di questi piccoli gioiellini.

“Fanno sognare, vero?” sentii quella voce calda e profonda penetrare nel mio orecchio dolcemente. Mi girai quasi impaurito e vidi un signore, anziano, vestito da babbo Natale, che mi guardava profondamente.

“Sono belle e decorate tutte a mano. Chiaramente, non con le mie mani di povero vecchio, ma con quelle della mia amata nipotina che, anno dopo anno, ha imparato tutti i trucchi di questo mestiere”.

Nonostante mezzo viso fosse coperto dalla finta barba bianca, i suoi occhi sorridevano sprizzando simpatia. Mi sentivo quasi imbarazzato e allora replicai immediatamente:

“Non mi guardi, non sono un potenziale cliente, osservo i disegni, sono uno scrittore, un po’ a corto d’idee e allora cerco nelle decorazioni, magari, un piccolo aiuto alla mia scarsa fantasia”.

Scosse la testa: “Uno scrittore, che perde l’ispirazione a Natale? Guardi le regalo questa pallina è piccolina e mi è venuta male, ma nella mia testa, inizialmente, doveva essere un paesaggio Natalizio con una casetta, la neve e un cielo azzurro cobalto. Poi il resto è silenzio e attesa”.

La presi delicatamente fra le mani, mi sembrava perfetta.

“Gliela regalo, magari le porterà fortuna. Vede, anche voi scrittori, dovete stare in silenzio e allora sentite le idee che scendono dalla vostra testa, alle vostre mani, passando per il cuore e poi proseguono sul foglio. L’importante è dare il messaggio, giusto? Lei scrive favole di Natale, quindi deve tener conto dei valori veri, perché le favole contengono sempre una morale, che rimane nel cuore di chi legge per tanto tempo, magari anche per sempre”.

Sorrisi ascoltando quei consigli, che sono così scontati, ma che purtroppo si perdono negli anni.

“Insomma” dissi con voce autoritaria, “devo trovare una pozione magica che mi riporti bambino, così troverei quel pizzico di gioia, che manca a noi adulti”.

“Non serve tornare bambini, ma ritrovarsi. Adesso mi deve scusare ma ho tanto lavoro da fare”.

Passarono pochi secondi di silenzio, ma quelle parole, avevano smosso qualcosa in me. Con un passo sicuro rientrò all’interno della casetta, aprì la finestrella di vetro e aggiunse:

“Non te la prendere, vedrai che l’ispirazione ritorna. E’ come una nuvola, passano veloci in cielo, ma ritornano sempre magari con forme diverse”.

Iniziò una risata, che mi contagiò immediatamente. Tornai a casa, senza idee, ma con la testa più serena. Quella chiacchierata mi aveva messo di buon umore, tanto che, iniziai ad addobbare il mio piccolo alberello. Il giorno seguente, passai al mercatino, ma trovai la casetta chiusa. Il venditore vicino mi spiegò, che aveva venduto tutte le decorazioni e che era andato nel suo magazzino a prenderne altre. La cosa mi rattristò, ma il signore riprese la parola:

“E’ un vecchietto energico e ha un senso innato per gli affari, tutte le persone che si avvicinano alla sua casetta, anche solo per sbirciare, vanno via con una pallina decorata. Ha una parlantina speciale, racconta del Natale di una volta, come se lo avesse inventato lui”.

Scuotendo la testa riprese il suo posto. Guardai quella casetta chiusa ed effettivamente mancava qualcosa. Ritornai a casa di corsa e quella notte, consumai parecchio inchiostro della mia fedele stilografica, con un ottimo risultato finale. Avevo capito che mancava una favola su Babbo Natale, perché solo lui sa regalare sempre la cosa giusta al momento giusto. Quel buffo vecchietto, mi aveva ridato l’ispirazione facendomi ragionare su valori che spesso vengono dispersi in luci e suoni. Presi i fogli e dopo averli fotocopiati per le varie consegne, li ripiegai con la piccola pallina che mi aveva donato quel misterioso artigiano e li deposi sotto l’albero. Poi osservando quel gesto, sorridendo, pensai che i regali si aprono sempre la notte di Natale.

***

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