“Riva ligure”

di Silvia Oppezzo

Qui il tempo sembra essersi fermato. Il mare che di giorno in giorno, di anno in anno lambisce le scogliere è sempre lo stesso. E così pure il borgo, lo stretto budello dove il sole s’insinua tra le case alte e colorate, la piazza della chiesa e del mercato, la passeggiata battuta dal vento; l’edicola e i negozietti di articoli mare, il fruttivendolo, la farmacia, il fornaio, le gelaterie lungomare e altre botteghe storiche. Sì, alcuni locali aprono, chiudono, cambiano gestione, qualche palazzina si ritinteggia; così come le spiagge cambiano un poco nel tempo la loro configurazione di sabbia o sassi. Ma in linea di massima questo borgo è sempre lo stesso.

Riva Ligure, luogo dell’anima, ha la bellezza incolta e trasandata di una donna anziana che non ama ammodernarsi per nascondere le rughe e i segni del tempo. Una bellezza semplice e forse sciatta, un po’ sottotono, poco alla moda, ma autentica.

Chi cambia, segnando inesorabilmente lo scorrere del tempo, siamo noi, villeggiatori dell’estate.

La bambina con i braccioli colorati che sguazza felice nel mare un tempo ero io. La bambina che lancia i sassi e ride al loro tonfo ero io. La bambina che scorrazza sulla battigia trasportando secchielli d’acqua, impastando la sabbia e lasciando piccole orme ero io. La bambina che sfida la paura delle onde e impara a saltarle divertendosi ero io. La bambina che si arrampica sugli scogli con sandaletti di gomma, incurante del dolore sotto i piedi e del rischio di scivolare ero io. La bambina che colleziona vetrini colorati levigati dall’acqua, che scrive e disegna sugli scogli con un coccio di mattone, che costruisce case con i legnetti, ero io. La bambina che scava tra i ciottoli cercando una conchiglia ero io. La bambina che sorride al mare, che ascolta le sue storie e gli resterebbe accanto per sempre ero io.

Ora quella bimba, che esegue meticolosa quelle medesime azioni, è mia figlia Aurora, che ha ormai quattro anni e riconosce questo luogo come familiare, come “casa”.

Per Michele, di quattordici mesi, questo è invece l’anno della scoperta: l’estate scorsa, infatti, a soli due mesi, sempre sonnecchioso in carrozzina, era troppo piccolo per comprenderlo.

Ora, invece, vispo, curioso, avventuroso, peperino, percorre la spiaggia gattonando, si imbratta di sabbia senza mostrare fastidio o ribrezzo, tenta di arrampicarsi sugli scogli, sgambetta di gioia vedendo il mare, grida divertito nel battere l’acqua con le mani e con i piedini, si lascia trasportare tra le onde, fiducioso, dalle mani sicure della mamma.

I bambini e poi gli adolescenti che eravamo allora e che ci incontravamo immancabilmente ad ogni estate sulla stessa spiaggia sono ormai adulti, e i nostri genitori sono diventati nonni. Sparsi per il mondo, possiamo ancora, per puro caso o coincidenza, ritrovarci qui, su queste stesse spiagge e strade di paese, portando in vacanza i nostri figli.

Quella bimba di allora, oggi è la mamma, che controlla ad ogni uscita di aver preso tutto: cambi e asciugamani, crema solare, occhiali, scorta d’acqua e spuntini. È la mamma che si carica in spalla la borsa dei giochi, il borsone, la stuoia, l’ombrellone e s’incammina sul lungomare con Aurora per mano e Michele nel passeggino. È la mamma che sfrutta il sonnellino pomeridiano dei bimbi per pulire casa, sciacquare i costumi, caricare lavatrici, tener pronta la cena, pur di sfruttare appieno il tempo per la vita di mare. Quella bimba di allora è la mamma, che scava e costruisce castelli di sabbia pur non amandola, che porta i figli in acqua a turno, uno per volta per farli giocare. Quella bimba di allora oggi è la mamma, che sgattaiolerebbe fuori casa all’alba per un primo appuntamento con il mare, che non rinuncia alle nuotate in solitaria, che s’avventura al largo e perde il senso del tempo e della distanza, che diventa pesce, gabbiano, sirena, che torna bambina giocando tra le onde o correndo a piedi nudi sulla sabbia fresca della notte. Che s’incanta come allora ascoltando la voce del mare, che la vacanza non è mai troppo lunga e il mare non è mai abbastanza, che soffre di nostalgia prima ancora di abbandonarlo e che, nel ripartire verso casa, sogna già ad occhi aperti la prossima estate, la prossima vacanza.

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“Riva ligure”
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